Ti ritrovi al buio accompagnato per mano e vieni invitato a coccolarti accanto ad un monticello di torba che ti fa da cuscino.
Sepolto lì c’è un vasetto di vetro con un acino di uva che abbiamo spremuto con le dita. E grazie a quella piccola magia artigiana che sa essere il teatro, rovistando tra la terra, spunterà un vasetto che contiene del vino, un ottimo Brunello di Montalcino.
Si tratta di uno di quei percorsi sensoriali del Teatro de los Sentidos, esperienze straordinarie (ricordo ancora Oracoli, sottile viaggio iniziatico alla ricerca di un mistero che non può che rivelarsi nella nostra percezione accesa, fuori dal senso comune) che dimostrano che il teatro scaturisce più che dalla rappresentazione dalla partecipazione intensa e dall’empatia.
Ciò che è accaduto nel borgo toscano che domina la splendida Val d’Orcia (lì capisci che un paesaggio è non solo bello ma giacimento culturale) come momento conclusivo di un workshop prodotto dal Festival di Montalcino.
Un’esperienza attiva che fa riflettere su come si possa e si debba lavorare nel territorio per esaltarne le potenzialità, rivelandone il segreto, il genius loci.
Una buona palestra per l’arte dello spettatore, centrata sul valore dei punti di vita espressi dalla partecipazione sollecitata.
Il Viaggio dell’Uva del Teatro de los Sentidos a Montalcino
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