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Web 2.0 08

Ecco il testo di un articolo che è stato pubblicato su Liberazione il 4.01.2008

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Web 2.0 08

Il futuro della rete? Siamo noi.

Alla manifestazione della “nuova sinistra” del 20 ottobre c’era uno striscione che recitava “il futuro è già qui, è solo mal distribuito”. E’ la rivisitazione di una frase dello scrittore che ha lanciato la letteratura cyberpunk, Wiliam Gibson. In quel grande corteo era lo striscione di Net Left (www.net-left.org ), un gruppo di lavoro che si sta occupando della “Rete per l’innovazione e la comunicazione” di Sinistra Europea. Uno slogan che fa riflettere su quanto sia centrale la questione della conoscenza e delle pari opportunità d’accesso alle risorse informative all’interno della battaglia politica nella Società dell’Informazione.

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Dovrebbe essere evidente quanto questa strategia progettuale sia decisiva per la definizione di una nuova forma della politica oggi. Eppure nell’Assemblea della Sinistra e degli Ecologisti dell’8 dicembre, è mancato un momento preciso di riflessione su come fare delle reti, il web in particolare, un ambito di comunicazione realmente sociale. In particolare, all’interno del workshop su “Cultura, Ricerca e Conoscenza” che avrebbe dovuto focalizzare la questione si è quasi omesso (ad eccezione di pochissimi interventi) di trattare della rivoluzione digitale e di come stia ridefinendo i sistemi di trasmissione delle conoscenze e della produzione culturale. E’ sconfortante vedere come gran parte degli intellettuali della sinistra snobbino questioni così cruciali, solo perché sfuggono da ciò verso cui si sentono inadeguati. Senza umiltà, senza intelligenza politica e poetica. Il tempo gioca a sfavore (la deriva dei continenti della politica rappresentativa è incalzante) e non si può più perdere tempo.

E’ sconfortante assistere ancora all’autoreferenzialità di chi s’arrocca su ciò che già sa, senza proiettarsi in avanti, nell’evoluzione dei linguaggi e dei comportamenti in cui è inscritta la nostra vita. Non si può lasciare lo sviluppo della Società dell’Informazione in mano alle tecnocrazie e alle grandi corporate del software e dell’editoria cross-mediale. Si snobba la “tecnologia” che se fosse qualcosa per addetti ai lavori tecnologici, ignorando che di fatto scandisce sempre più le dinamiche sociali e, ciò che è più urgente, condiziona l’immaginario di nuove generazioni che stanno crescendo da sole. Senza l’opportuna attenzione che coniughi i saperi sedimentati con le nuove attitudini ipertestuali.

E’ un errore lasciare solo ai liberisti la preoccupazione per la scarsa competitività internazionale del nostro Paese, sappiamo che riguarda il problema strutturale dell’Innovazione. Ma sia chiaro: non è solo questione d’Innovazione tecnologica ma di come questa s’innerva ai modelli educativi (va ripensata una didattica che sappia interpretare le dinamiche cooperative della rete, risolvendo il gap dell’istruzionismo), in quelli economici (promuovendo ad esempio le vocazioni di alcuni distretti, mettendo in rete le peculiarità di alcuni territori), in quelli sociali e culturali (sostenendo le nuove forme di auto-organizzazione e creatività sociale capaci di valorizzare i nostri straordinari beni culturali e ambientali).

Si tratta, insomma, di attuare quella Società dell’Informazione che non crea ancora mercato solo perché non ha sotto un sistema sociale capace d’interpretarla. Se nella Società Industriale era chiaro dove fosse la catena del valore, per via della trasformazione da materie a merci, attraverso il patto ( e il conflitto) tra capitale e lavoro, oggi ci s’interroga (per chi sa quanto tempo…speriamo di non andare in malora prima…) dove sia quella catena del valore. E’ negli spot televisivi? No, quel sistema pervasivo che ha caratterizzato la Società dei consumi di massa è al lumicino. In molte nazioni l’intero sistema del marketing sta già migrando verso il web. Questo è l’indicatore di come si stiano riposizionando gli assetti economici, perciò è importate riflettere sulla nuova fase di Internet e di come vi stiano convergendo le politiche che segnano le dinamiche del cambiamento.

In questo senso è fondamentale iniziare a considerare la Rete come il nuovo spazio pubblico, dove intervenire per tempo, per preservare il bene comune, fondato cioè sulla redistribuzione delle risorse informative, non solo ricchezza materiale ma opportunità e conoscenza. In poche parole “futuro”.

Perché questo accada bisogna tirare su le antenne, monitorare gli scenari in atto, a partire da ciò che caratterizzerà il web nel prossimo 2008.

Si può iniziare a cogliere gli aspetti che sono già in divenire, interpretando i segnali già attuati.

Prima di tutto quello che passa sotto lo slogan di web 2.0, ovvero il rilancio della rete delle reti grazie alla partecipazione degli utenti. Sono proprio i cosiddetti user generated content (i contenuti generati dagli utenti) a fare la differenza, a sancire un dato semplice e scardinante allo stesso tempo: la rete siamo noi. E’ in questa dinamica partecipativa che è possibile vedere, con l’ottimismo della volontà, lo sviluppo tecnologico del web emancipandolo dalla mera logica tecnocratica del mercato, orientandolo verso la dimensione sociale.

In questo senso è opportuno interpretare il grande fenomeno del social networking, su cui si sono orientati i maggiori investimenti (vedi My Space comprata da Murdoch per 580 milioni di dollari e You Tube per più di un miliardo e mezzo da Google) come qualcosa su cui è possibile far accadere qualcosa che declini quel “social” in qualcosa di veramente sociale, orientato cioè verso nuove forme di auto-organizzazione che agiscano nel territorio.

Un esempio cardine è quello dei Meet up, la molteplicità di forum interconnessi al blog di Beppe Grillo, che hanno reso esplicita la potenzialità della rete, nel tradursi in azione politica ( affermando quanto il social networking si possa rivelare come nuova forma di azione co-operativa), raccogliendo centinaia di migliaia di firme, per denunciare la presenza in Parlamento di decine dì inquisiti, in poche settimane.

Ciò che è ancora più emblematico è il concetto di social networking territoriale che in diverse realtà s’iniziano a sperimentare, progettando piattaforme attraverso cui condividere le iniziative delle associazioni culturali, i gruppi d’acquisto solidale attenti alla filiera corta delle colture biologiche o le azioni di cittadinanza attiva (come in Piemonte con Acmos e Libera-Associazione nomi e numeri contro le mafie).

Nel frattempo, negli Stati Uniti, in vista delle Presidenziali del 2008, il social networking tracima in politica, connotando la campagna elettorale con inedite conversazioni bidirezionali (sostenute in particolar modo da Barack Obama) relativizzando la comunicazione unidirezionale della propaganda politica tradizionale.

La maggior parte dell’accesso arriva, dalle rampe di MySpace, YouTube, Flickr e Facebook (su cui s’è buttata anche Microsoft comprandone, per 240 milioni di dollari, solo l’1,6%). E’ l’intero sistema del marketing che sta cambiando rotta e punta gli occhi anche su LinkedIn che molti prevedono come la piattaforma con maggiori probabilità di successo sul fronte del business networking.

Il 2008 è poi l’anno delle Olimpiadi in Cina e già si sente il clangore dei firewall antipirateria, dando sfogo al business della sicurezza informatica. Le “sentinelle” del Websense Security Labs, annunciano che le Olimpiadi di Pechino raggiungeranno un picco altissimo di attacchi on line e sostengono che proprio le dimaniche partecipative del web 2.0 si riveleranno come le maglie larghe attraverso cui si registreranno le intrusioni.

E’ opportuno a questo punto affermare che non è tanto la fantomatica pirateria a rappresentare l’insidia ma la paranoia del controllo totale. Non c’è dubbio, la battaglia politica si estende sempre più nel web. E’ questa la vera novità del 2008. Non resta che stare all’erta, stare dentro le cose, per fare in modo che la rete possa diventare uno spazio pubblico. E’ questo il significato di quello slogan semplice ma strategico che risuona come una vecchia canzone (che di fatto evoca): la rete siamo noi.

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